23° concorso Scultura da vivere

SALVEREMO IL PIANETA?

Arte, sviluppo sostenibile e riciclo.

A cura del Prof. Manfredi di Nardo, membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Peano

Tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, il biologo Eugene F. Stoermer e il Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen, con l’uso concorde del termine ‘Antropocene’, giunsero alla definizione dell’attuale era geologica, a concludere un’analisi scientifica in atto da più di cent’anni. L’utilizzo dell’etimo greco ‘anthropos’, e cioè ‘uomo’, rende esplicito il significato della parola: l’essere umano non è più considerato uno tra gli attori dell’epoca geologica in cui vive, ma alle sue attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche del pianeta Terra. Da tempo, d’altronde, la scienza era giunta alla consapevolezza chiaramente espressa dal geochimico russo Vernadskij quando sottolineava “il potere
crescente della mente umana nel modellare il suo futuro e l’ambiente”.
In una visione illuministicamente progressiva della storia o in una cieca fede nel fatale progredire della darwiniana selezione della specie, l’uomo non potrebbe che celebrare, nell’approdo all’‘Antropocene’, il punto d’arrivo d’una marcia in atto da milioni, o forse miliardi, di anni. Ma, come ci insegna tra gli altri il filosofo Francesco Remotti circa ‘natura’ e ‘cultura’, “le linee di confine tra i due domini, un tempo ritenute nette, precise e inequivocabili, sono oggi molto più sfumate e incerte”. In altre parole, il trionfalistico dominio del genere umano è insidiato da quelle che, in un suo libro di successo, la scrittrice ed esperta di neuroscienze Siri Hustvedt chiama “le illusioni della certezza”. Non è questa la sede per approfondire la raffinata disamina della Hustvedt sui rapporti tra mente e corpo, nella smentita del dualismo cartesiano secondo cui “la mente pensa e il corpo sente”. In termini semplici, la complessità della sua natura non consente all’uomo di utilizzare la propria mente come uno strumento di precisione che lo esima da errori e pericolose cadute. Ed ecco affiancarsi, ai progressi della scienza, una serie di fattori che espongono a gravi rischi non solo il dominio, ma l’esistenza stessa dell’umanità: la lotta per la supremazia, l’egoistica affermazione dei propri interessi, l’assenza d’ogni solidarietà di specie sono atteggiamenti abituali dell’uomo, da non giudicare solo sul piano morale (che, in ordine alla propria conservazione, potrebbe apparire astratto), ma soprattutto al fine della sopravvivenza, e non solo di sé, ma di tutto il mondo animale e vegetale. E lungo sarebbe, a questo punto, l’elenco delle distruttive trasgressioni: dallo snaturarsi delle colture al prosciugamento delle acque, dall’utilizzo indiscriminato delle energie d’origine fossile al soffocante accumularsi dei rifiuti, giù giù sino all’estrema minaccia dello strumento nucleare per la risoluzione definitiva delle rivalità. Per ora, come nel sordo borbottio d’un lontano temporale, ci spaventa e ci opprime l’ipotesi del riscaldamento globale; ma ombre anche più oscure si profilano all’orizzonte. Queste sono le motivazioni per cui la Fondazione Peano di Cuneo ha scelto il tema del Concorso internazionale Scultura da vivere per il 2019 con il titolo “Salveremo il pianeta?”: crediamo che i giovani delle Accademie di Belle Arti, interessati come tutti i loro coetanei al proprio futuro, sapranno trovare, nella loro sensibilità e capacità artistica, il modo d’esprimere nel linguaggio della scultura ansie, speranze e propositi. La domanda non è ovviamente riferita al puro e semplice corpo astrale, che, in assenza di sconvolgenti catastrofi cosmiche, continuerà il suo ciclo; ma, al di là del suo freddo ruotare negli “interminati spazi”, potrà la Terra ospitare ancora la storia dell’uomo e degli altri esseri viventi? Un’ultima sollecitazione: i partecipanti al concorso rimarrebbero in tema, non solo sul piano del contenuto
ma anche su quello della forma, se nel loro progetto prevedessero, per la realizzazione dell’opera, l’uso di materiali di riciclo. È questo un argomento esaminato a fondo, per quanto concerne l’architettura, dalla presidente della Fondazione Peano, Roberta Ingaramo, in un suo libro di recente pubblicazione. Sussiste però una differenza fondamentale, in questa materia, tra architettura e scultura: nel caso della prima si tratta d’un riuso dell’esistente, con maggiore o minor rispetto delle forme e strutture originarie; ma, fatta
eccezione per scelte estetiche piuttosto rare, nell’ambito della scultura non sarebbe possibile se non il riciclaggio di bruti materiali, con una valenza simbolica circa i valori ecologici rappresentati, ma senza alcun riferimento all’utilizzo precedente dei materiali stessi. Proprio per questo, lo spunto prospettato non intende obbligare ad un’opzione artificiosa e forzata, in quanto il criterio fondamentale rimane quello di una totale libertà nella scelta degli strumenti attraverso i quali fondere significante e significato.

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