Descrizione:

Un libro tattile, risultato di un percorso didattico sull’accessibilità all’Arte per persone con disabilità visiva, realizzato dall’Accademia Albertina in collaborazione con il Rotary International – distretto 2031 e con il contributo della camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino.

I disegni in rilievo e i testi in braille, in sovrapposizione alle immagini e ai testi in nero, descrivono l’Ultima Cena più celebrata al mondo, con un riferimento alla copia ottocentesca di F. Gagna, conservata nel Duomo di Torino. La lettura del capolavoro vinciano qui si concentra sui “moti dell’animo”, frutto di studi e osservazioni all’origine della moderna psicologia. Il tempo della narrazione è sospeso sulle mani degli Apostoli, dove rimbalza la profezia del tradimento pronunciata da Gesù. La prospettiva delle azioni delinea un fraseggio dai toni vibranti e nuove suggestioni nell’incontro con lo sguardo del Maestro, capaci di dare corpo alle emozioni.

 

IMMAGINE DI COPERTINA
  • Progetto e testi a cura di: Paolo Belgioioso
  • Disegni in rilievo e impaginazione: Bianca Mihaela Fotea
  • Consulenza tecnica, inserimento braille, coordinamento della produzione: Silvio Zamorani Editore
  • Tipologia: Libretto tattile
  • Formato: 22 x 22
  • Editore: Albertina Press
  • Anno: 2020
  • Prezzo: € 20,00
  • IBSN : 978-88-94843-40-8

Il CENACOLO DELLE EMOZIONI

Libro tattile

Scheda di consultazione collegata al codice QR pubblicato sul retro di copertina del libro
INTRODUZIONE

Questa scheda aggiunge ulteriori contenuti al libro “Il CENACOLO delle emozioni”, realizzato dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, in collaborazione con il Rotary International, distretto 2031, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino.

  • Progetto e testi a cura di: Paolo Belgioioso
  • Grafica e disegni: Bianca Mihaela Fotea
  • Consulenza tecnica, inserimento braille, coordinamento della produzione: Silvio Zamorani editore, Torino

Il libro è il risultato di un percorso didattico sui temi dell’accessibilità all’arte dedicato a persone con disabilità visive, condotto dal curatore, prof. Paolo Belgioioso, nell’ambito del corso di Anatomia artistica, presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

 

La scheda contiene:

TESTI DI PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

Paola Gribaudo, Presidente dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino;
Edoardo Di Mauro, Direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino;
Giovanna Mastrotisi, Governatore 2019/2020 Rotary International, distretto 2031;
Silvio Zamorani, Editore, Torino.

 

TESTI AGGIUNTIVI DEL CURATORE

 

NOTE STORICO-ARTISTICHE

sul Cenacolo di Leonardo da Vinci e sulla copia dipinta dal pittore vercellese Francesco Gagna, custodita nel Duomo di Torino.

 

GUIDA ALL’ESPLORAZIONE TATTILE

 

TESTI DI PRESENTAZIONE DEL PROGETTO
PAOLA GRIBAUDO – Presidente dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino

Il ruolo delle Accademie di Belle Arti è in primo luogo quello didattico e educativo, indirizzato alla conoscenza e all’apprendimento teorico e pratico dell’arte.

Nel caso di questa pubblicazione del libro tattile “Il Cenacolo delle emozioni” la didattica si applica all’accessibilità all’arte per i non vedenti, un tema caro alla nostra Accademia, portato avanti negli anni dal prof. Belgioioso che aveva già curato il percorso tattile che si trova all’interno della Pinacoteca Albertina.

Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è tra le opere d’arte più famose al mondo ed è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco in quanto realizzazione artistica unica, di valore eccezionale universale che trascende tutte le contingenze storiche. È la testimonianza più completa del suo ingegno multiforme; qui Leonardo studia la luce, il suono, il movimento, ma soprattutto le emozioni umane e la loro espressione.

Il restauro della copia ottocentesca del Cenacolo di Francesco Gagna qui conservata in Duomo è stata l’occasione per pubblicare il libro tattile, che lo analizza nei suoi aspetti tematici e restituisce agli ipovedenti la sensazione di percepire la meraviglia della composizione leonardesca.

Ho creduto in questo progetto fin dall’inizio e ringrazio il Rotary International – distretto 2031, nella persona del governatore Giovanna Mastrotisi, promotrice di questo bel progetto, e la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino, che con il loro generoso contributo hanno reso possibile la pubblicazione, così ben curata per la stampa in braille da Silvio Zamorani, che sarà di grande aiuto storico, artistico e didattico.

Un ringraziamento particolare ancora al prof. Belgioioso e ai suoi studenti dell’Accademia Albertina che mi auguro possano ancora collaborare in futuro nell’ottica di un nuovo protocollo d’intesa con il Rotary.

Torino, 23 giugno 2020

 

EDOARDO DI MAURO – Direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino

Una operazione di estremo interesse quella portata avanti dal Professor Paolo Belgioioso, in sintonia con l’attenzione che l’Accademia Albertina rivolge alla relazione tra arte, formazione tecnica e didattica e consapevolezza sociale.

La pubblicazione di un libro tattile come il “Cenacolo delle emozioni” vede uno stretto intreccio tra la dimensione dell’arte e quella della società, l’ultima frontiera dove, in questi incerti tempi globalizzati, il linguaggio artistico riscopre la sua dimensione etica.
L’onda lunga delle battaglie per i diritti civili degli anni Sessanta e Settanta ha generato in seguito alcune significative prese d’atto.
Tra queste l’acquisizione definitiva, anche se la soglia di attenzione va sempre tenuta alta, dei diritti e della dignità delle persone portatrici di disabilità, sia da un punto di vista intellettuale e lavorativo, che da quello del diritto ad una fruizione piena degli spazi pubblici e della dimensione urbana.

Per quanto mi riguarda, lavorando molto nella dimensione dell’arte pubblica, da anni opero con iniziative dirette alla sensibilizzazione concreta nei confronti di questi argomenti. Dal 2012 il Museo d’Arte Urbana collabora con vari soggetti alla mappatura dei percorsi museali e territoriali idonei ai portatori di varie disabilità, negli ultimi due anni in particolare volgendo la sua attenzione alle persone cieche ed ipovedenti, tramite visite guidate teatralizzate, alle quali hanno collaborato l’attrice Adriana Zamboni e due giovani studentesse dell’Accademia Albertina, Sveva Meneguz e Lucia Fedele.

La “differente abilità” sta iniziando a diventare finalmente oggetto di riflessione, con l’intento di abbattere al più presto qualsiasi residuo steccato, anche di natura mentale.

Il riconoscimento pieno, giusto ed incontrovertibile della pari dignità del corpo delle persone “diversamente abili” è passato attraverso gli ambiti professionali e quelli sportivi approdando alla dimensione della creatività e dell’arte.

Il “Cenacolo delle emozioni” è un libro tattile che conduce i fruitori in direzione di una condivisione empatica e partecipata di uno dei dipinti caposaldo dell’estetica e del progetto rinascimentale, l'”Ultima Cena” di Leonardo Da Vinci, tramite l’analisi approfondita di una pregevole copia ottocentesca di Francesco Gagna, custodita presso il Duomo di Torino.

Il dipinto leonardesco viene analizzato nei suoi aspetti tematici, strutturali ed emozionali attraverso una analisi dettagliata che si estende dalla visione di insieme allo studio dei particolari, con una narrazione profonda ed avvincente.

 

GIOVANNA MASTROTISI – Governatore 2019/2020 Rotary International, distretto 2031

Il Rotary International, che rappresento nel Distretto 2031, Piemonte Nord Est e Valle d’Aosta, da anni sta lavorando per affrontare le problematiche dell’Uomo.

Quest’anno ci siamo occupati anche dei non vedenti, ma con una nuova valenza: scoprire il bello, indagando l’arte con le mani e con il suono.

Sono le celebrazioni del 5° centenario di Leonardo che danno impulso al progetto con il restauro che il Rotay ha promosso sulla grande opera pittorica di inizio ‘800 di Francesco Gagna che riprende il “Cenacolo da Leonardo per Torino” collocato in Cattedrale.
E, dall’intuizione di una felice collaborazione con l’Accademia Albertina di Torino, si è arrivati alla pubblicazione del “libro tattile”, curato proprio dagli straordinari studenti dell’Accademia, guidati dal Prof. Belgioioso.

Ne è nato un testo, che è un concentrato di esplorazione e di ricchezza di emozioni, particolarmente dedicato a chi non vede, ma che può essere fruito da tutti.

Allora, lo scoprire valori attraverso l’arte, quale il “Bello, il Buono, il Vero”, diventa più spontaneo e “Giusto” nella vita di tutti.

 

SILVIO ZAMORANI – Editore

La Silvio Zamorani editore ha collaborato al progetto occupandosi della consulenza tecnica per la resa tattile del libro, ha curato l’inserimento dei testi in braille e la realizzazione della stampa sia visiva sia in rilievo.

Per questo ha applicato la sua esperienza nella comunicazione inclusiva; l’obiettivo è stato quello di fornire un prodotto le cui caratteristiche tecniche, oltre al contenuto specifico di testi braille e disegni tattili, fossero adeguate a una corretta leggibilità sotto tutti gli aspetti: dall’altezza e dimensioni dei tratti dei disegni fino alla realizzazione dell’oggetto-libro. In particolare ne è stata studiata l’opportuna scansione delle pagine, alcune apribili per consentire la riproduzione in formato adeguato dell’opera leonardesca e renderne tutti i particolari ben esplorabili con il tatto.


NOTE STORICO-ARTISTICHE
IL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI

Il Cenacolo fu realizzato tra il 1495 e il 1498 nel Refettorio del convento dei padri domenicani di Santa Maria delle Grazie, a Milano. L’incarico giunse a Leonardo quarantenne da Ludovico il Moro per valorizzare la chiesa dove avrebbe voluto essere sepolto insieme alla moglie Beatrice d’Este.

Il dipinto rappresenta l’Ultima cena di Gesù con gli Apostoli durante il giovedì che coincide con la Pasqua ebraica, come narrato nell’episodio del Vangelo di Giovanni (Gv. 13, 21). L’opera si concentra sul momento più drammatico della Cena fissando come in un istantanea le reazioni degli Apostoli seguite alla frase pronunciata da Gesù Uno di voi mi tradirà. L’annuncio genera un’onda emotiva che si propaga e sconvolge gli Apostoli provocando smarrimento e incredulità. Nei gesti, nelle espressioni dei volti e nelle mani si leggono quei moti dell’animo tanto indagati dal Maestro e descritti nel suo Trattato sulla Pittura. Al di là del tavolo che attraversa orizzontalmente tutto il dipinto, i dodici si riuniscono in gruppi di tre per confrontarsi tra loro, in una simmetria che lascia Gesù solo al centro.

Leonardo affronta il tema della Coena Domini in modo innovativo rispetto alle interpretazioni quattrocentesche: Giuda non è separato dagli altri, nonostante sia riconoscibile per il volto in ombra, per il sacchetto dei denari che stringe nella mano e per spingersi simbolicamente più vicino a chi osserva; Pietro brandisce minaccioso il coltello che presagisce il taglio dell’orecchio al servo del Sommo sacerdote; Cristo è solo, separato anche da Giovanni che di norma veniva rappresentato appoggiato al suo petto; inoltre mancano le aureole.

La scena è ambientata in uno spazio che virtualmente prolunga quello reale del Refettorio, in una sorta di scatola prospettica che ha come centro la figura isolata di Cristo. Sulla sua tempia destra rimane traccia del chiodo usato per tendere i fili di costruzione della rigorosa prospettiva. Il soffitto a cassettoni scandisce lo spazio in profondità in aggiunta alla ritmica successione degli arazzi appesi alle pareti laterali. Dalle tre aperture dipinte sulla parete di fondo proviene la luce crepuscolare che illumina la stanza unitamente ad una fonte frontale diffusa e ad un’altra proveniente da sinistra a prolungare virtualmente quella reale del Refettorio di allora. Particolarmente curato il luminoso paesaggio collinare che vi si intravede, esaltato dai toni azzurri sfumati della prospettiva aerea, ideata dal Maestro in considerazione delle variazioni cromatiche nel rapporto proporzionale tra massa d’aria e distanza.
Il tavolo, ricoperto da una tovaglia ricamata alle estremità, è imbandito con piatti in peltro contenenti tranci di pesce, lavadita, bicchieri in vetro con vino rosso e sparsi qua e là, piccoli pani e frutti tondeggianti.

Il dipinto di dimensioni di 460 x 880 centimetri, ha subito un rapido degrado a causa della tecnica sperimentale usata da Leonardo e dei problemi di conservazione dovuti a umidità della parete esposta a nord e dalle cucine adiacenti. Già dopo un ventennio la pittura risultava compromessa tanto che il Vasari nel 1550 scriveva che il dipinto appariva come una macchia abbagliata. Così Giovan Paolo Lo Mazzo, dopo averne eseguito una copia ad affresco, in un suo trattato, scritto prima di diventare cieco nel 1570 parla del decadimento della superficie pittorica.
Nel 1652 i frati tagliarono un pezzo centrale dell’opera pittorica, amputando i piedi di Gesù, per aprire un passaggio tra la cucina e il Refettorio in modo che i cibi non vi arrivassero troppo freddi.In seguito le truppe di Napoleone nel 1796 trasformarono in stalla il refettorio scagliando sassi contro il dipinto per sfogare i loro istinti anticlericali.Ma l’incidente più drammatico avvenne nell’agosto del 1943 quando le Grazie subirono un bombardamento che fece crollare il soffitto del refettorio lasciando il dipinto esposto a lungo alle intemperie.Almeno dieci interventi di restauro documentati, compreso quello conclusosi nel 1999 e durato oltre un ventennio, hanno contribuito, pur talvolta in modo incongruo, a far sopravvivere il dipinto giunto miracolosamente fino a noi.
Il Cenacolo è stata una delle opere più copiate, dagli esercizi di copia seguiti alla sua realizzazione, alle numerose traduzioni in stampe e incisioni sette-ottocentesche. La sua diffusione ha contribuito a generare altre opere ad essa ispirate che ne sottolineano l’universalità e la capacità di alimentare spunti interpretativi Sempre nuovi.
Il mistero che tuttora pervade il capolavoro vinciano è indubbiamente quell’anima, tanto indagata dal Maestro, che sostanzia i complessi rapporti fra mente e corpo e, muovendo le passioni, continua a rivelare l’essenza dell’Uomo.

 

LA COPIA DEL CENACOLO VINCIANO DIPINTA DA FRANCESCO GAGNA

Nei restauri settecenteschi il Cenacolo di Leonardo fu oggetto di totali ridipinture, poi rimosse con raschiature e perdite di colore. Anche il tentativo di consolidamento  del 1819, successivo ai danni subiti dal dipinto a causa delle angherie delle truppe francesi, inosservanti delle disposizioni di Napoleone, non portò a significativi risultati.

Da più parti, ma soprattutto dall’ambiente accademico di Brera cominciarono a manifestarsi preoccupazioni sullo stato di decadenza del dipinto, sostenute anche dal  rinnovato interesse per il classicismo rinascimentale. Il clima che portò all’esecuzione della copia fu dunque mosso dalla volontà di far fronte ad una possibile rovina imminente del dipinto leonardesco

Il Gagna, sul ponteggio delle Grazie, si trova quindi di fronte ad un dipinto ben diverso dall’originale leonardesco. Il suo lavoro meticoloso e appassionato, attento ai dettagli più minuziosi, riporta nella copia la testimonianza dello stato di conservazione della pittura a secco  di Leonardo, ricoperta delle stratificazioni aggiunte di volta in volta dai ”ridipintori”.Lo testimoniano alcune sostanziali differenze evidenti nel confronto con il cenacolo vinciano rivelato dal più recente restauro. In particolare i colori delle vesti e le espressioni dei volti, pur tenendo conto delle licenze interpretative, manifestano sensibili variazioni. Ad iniziare dall’abbinamento dei colori verde e blu delle vesti di Giovanni, azzurre e rosa in Leonardo, nel rosso della tunica di Gesù, in Gagna più simile al sangue rappreso, nel paesaggio delle aperture del fondale, cromaticamente più intenso e materico, in alcuni volti che tradiscono le emozioni vinciane: la bocca chiusa di Gesù, socchiusa in Leonardo, la figura appesantita di Giacomo il Maggiore, nel dipinto del Maestro scattante nel suo furore leonino, gli occhi  fissi di Filippo e l’anatomia discordante del suo volto…

Gagna cercò di instaurare un intenso legame emotivo con il dipinto leonardesco. I forti contrasti e i bruni profondi riflettono il suo animo tormentato. Proprio i contrasti chiaroscurali e la sommaria esecuzione dell’ombreggiatura al di sotto del tavolo ci fanno pensare che verosimilmente, nel suo lavoro di riproduzione, si servì anche di immagini incise come quella di Raffaello Morghen ritrovata tra le opere della sua collezione.

 

FRANCESCO GAGNA (1789-1883)

Dopo un periodo di formazione di cui non si hanno notizie si rivela particolarmente dotato nella copia dei capolavori pittorici del passato, dedicandosi a “far rivivere i con copie i capolavori che vanno deperendo a futuro danno dei posteri”.

Durante un soggiorno romano dedicato allo studio dei classici riscosse gli elogi di artisti quali il Canova e ottenne importanti incarichi da parte di principi e sovrani provenienti da varie capitali europee.

Una copia della S. Cecilia di Raffaello, oggi conservata nel Musée des Beaux Arts di Chambery, fu acquistata da Carlo Felice, re di Sardegna, e gli valse l’affidamento, da parte di quest’ultimo, dell’incarico ben più impegnativo della copia del Cenacolo vinciano.

Il contratto per l’esecuzione dell’opera, sottoscritto dal pittore nel marzo del 1827, prevedeva la consegna dopo due anni, un congruo anticipo per le spese vive  e una retribuzione giornaliera anticipata corrisposta ratealmente. Particolarmente interessante a questo proposito la ricca corrispondenza intercorsa tra il pittore e il console Ciriaco Bonamico, incaricato da Carlo Felice di sorvegliarne l’attività  “siccome sarebbe forse possibile che questo artista non fosse abbastanza discreto per misurare le sue domande nella giusta proporzione delle spese che realmente gli occorrono”.

Fu appunto il lievitare dei costi nonché il precario  stato di salute mentale del pittore che costrinsero la committenza ad accelerare la consegna dell’opera. Questa avvenne nel settembre del 1830 durante un periodo di remissione della fase maniacale dell’autore.

La copia  fu eseguita su legno, suddivisa in cinque tavole da unirsi in un grande e pesante quadro che fu trasportato da Milano a Torino, poi ricomposto e ritoccato dallo stesso pittore per mascherare le giunture. L’opera fu sistemata nella camera del lavabo in Palazzo Reale dove nel giovedì santo si sarebbe tenuta la cerimonia della lavanda dei piedi voluta da Carlo Felice. Ma fu proprio nel giovedì santo del 1831 che sopravvenne la morte dello stesso sovrano.

Il Gagna, fino ad allora ospitato in una stanza del Palazzo Reale viene allontanato e le sue condizioni di salute peggiorano. Abbandona la pittura e inizia una peregrinazione che lo porterà in Inghilterra nel 1833, dorme per terra, mangia poco, scrive tutta la notte i suoi progetti impossibili, frutto di visioni e sogni deliranti della sua mente sconvolta.

Tornerà a Torino nel 1835, richiamato da Carlo Alberto per  lo smontaggio del dipinto e la sua ricollocazione sulla controfacciata del Duomo.

All’impegno troppo gravoso del Cenacolo faranno seguito piccole committenze, finché il realismo del bisogno lo porterà a chiedere di essere accolto quale incurabile nell’Ospedale di Vercelli.


GUIDA ALL’ESPLORAZIONE TATTILE

Il testo che segue offre una guida sintetica all’esplorazione tattile delle immagini in rilievo, riprodotte nel libro “Il CENACOLO delle emozioni”.

Subito dopo la copertina (alla cui esplorazione e lettura tattile rimandiamo alla fine di questo testo di spiegazione delle pagine interne)il libro si apre con un testo introduttivo  (pagina 1), a cui fa seguito, nella pagina a fianco,  l’immagine di Gesù, fulcro della composizione pittorica, da aprire come sopra indicato.

Le tre pagine successive, 3, 4 e 5,  riportano in continuità l’intera scena del Cenacolo a cui segue la pagina con la legenda. l’identificazione dei personaggi avviene attraverso la numerazione posta in alto sopra di essi, in sequenza da destra a sinistra partendo dalla pagina 5 più avanti), correlata alla legenda affiancata a pagina 6.

Alle pagine 7 e 8, si analizzano singolarmente le quattro triadi di Apostoli   per individuarne le posizioni anche in proiezione ortogonale, con la vista dall’alto: nella fascia superiore i singoli gruppi, numerati in alto da destra a sinistra, riproducono in sintesi le figure del dipinto, mentre inferiormente si collegano  mediante linee tratteggiate a schemi semplificati per offrirne una visione dall’alto.

Le ultime due pagine del libro focalizzano sui particolari delle mani, proponendo una lettura del gesto emotivo di ciascun apostolo  sulla base di uno schema tipologico riferito alle azioni.

Infine la descrizione tocca la copertina, dove, alla “luce” della precedente analisi esplorativa, potrà essere visualizzato un dettaglio significativo dell’immagine del Cenacolo vinciano, esteso su fronte e retro.

 

Pagina 1 – Testo introduttivo in braille

 

Pagina 2 – Gesù al centro della scena

Ad una prima esplorazione sommaria dell’immagine in rilievo, escludendo il riquadro retinato dell’apertura alle spalle della figura (di cui parleremo in seguito), risulterà evidente l’impianto compositivo di forma triangolare, con il vertice in alto sul capo di Cristo e la base sulla linea del tavolo in basso che si collega lateralmente alle mani. Simili triangolazioni ricorrono sulle triadi degli Apostoli, disposte simmetricamente ai lati di Gesù a delineare una sorta di skyline montano. Il numero tre, sotto varie forme, risulta un evidente richiamo alla Trinità.Seguendo la linea più marcata che contorna la figura, dall’alto al basso, con entrambe le mani, contemporaneamente a sinistra e a destra, sarà evidente la sua raffigurazione frontale: lunghi capelli sulle spalle, braccia allargate e distese e polsi appoggiati sul tavolo. Sul piano di quest’ultimo, delimitati da linee più sottili, procedendo da destra a sinistra troviamo un bicchiere, le ellissi prospettiche sovrapposte di due piatti, il più grande in basso, e infine, la forma arrotondata di un pane.

Tornando in alto, al centro, coronato dai lunghi capelli castani ondulati riconosciamo il volto di Gesù: fronte distesa, sopraccigli leggermente sollevati medialmente, occhi socchiusi con sguardo verso il basso, naso che segue la leggera inclinazione del capo, labbra dischiuse, barba accennata. Il doppio contorno della tunica alla base del collo accoglie il diadema centrale, evidenziato dalla raggiera delle pieghe sottostanti. Dalla spalla destra scende morbida la diagonale del mantello azzurro, ripiegato sul gomito.

Ma “veniamo alle mani”. La loro posizione richiama la natura divina e terrena del Cristo, sottolineata dal colore delle vesti che le incorniciano. Entrambe in atteggiamento offerente, l’una, a destra (la sinistra di Gesù), circondata dall’azzurro del mantello si apre pacata verso il cielo; l’altra, dal rosso acceso della manica si protende severa e decisa nel dono che rivelerà il traditore.

 

Pagine 3,  4,  5 – Visione d’insieme del Cenacolo vinciano

L’immagine complessiva del Cenacolo si dispiega in queste pagine in una scala idonea al tipo di analisi proposta.
Per esplorare preliminarmente tutta la riproduzione in un unico movimento continuo si può, appoggiando il libro su un piano libero sufficientemente ampio, aprirlo dispiegando in orizzontale le tre pagine della tavola (dalla 3 a 5) assieme alla pagina 6 che riporta il testo della legenda.

La breve interruzione del rilievo in corrispondenza delle due piegature verticali del foglio garantisce comunque la continuità della lettura d’insieme.
Un primo libero approccio esplorativo consentirà di ritrovare al centro della composizione la figura isolata di Gesù descritta in precedenza e il tavolo imbandito che ora si estende orizzontalmente attraversando l’intera scena.
Sul tavolo è riportata una selezione di piatti, bicchieri e pani sparsi, presenti in numero maggiore nella scena visibile.
Al di là di esso si trovano i personaggi che andremo a conoscere nelle espressioni più significative dei loro gesti. Inferiormente alla fascia ben delineata della tovaglia troviamo la corrispondenza con i piedi e le vesti delle figure, alternati ai sostegni appaiati del tavolo.

Il disegno tattile riporta anche i piedi di Gesù, cancellati dal dipinto murale nel 1652, dopo l’apertura di una porta, desunti dalle copie (in particolare quella del Giampietrino) eseguite prima di quella data. Al loro posto, nel dipinto leonardesco rimane un’area grigia, sormontata da un arco a sesto ribassato..
Come abbiamo visto nella figura del Cristo, il riquadro alle sue spalle rappresenta l’apertura di una finestra. Il retino è composto da linee orizzontali, più ravvicinate per simulare il paesaggio è più rarefatte per il cielo. Due simili aperture ai lati di questa, di dimensioni inferiori, percepibili sulla parete di fondo, dilatano il paesaggio.
La numerazione posta in alto, al di sopra di ciascun discepolo, si collega alla relativa legenda a pagina 6, indicando inoltre il verso di lettura del disegno che è dalla destra verso la sinistra, che corrisponde al modo in cui Leonardo scriveva.
L’alternanza di aree retinate con altre prive di retinatura riguardanti le vesti dei personaggi ne semplifica l’individuazione.

Cominciamo dunque da destra.

Le figure degli Apostoli sono identificate, nella parte superiore delle pagine, dai numeri da 1 a 12 che trovate in corrispondenza di ognuno; la sequenza è interrotta dopo il 6 da un cerchio al centro della tavola che identifica la sottostante figura di Gesù.

“Agganciato” il capo della linea in alto a bordo pagina percorriamo il profilo della testa di Simone lo Zelota (n. 1). Il segno marcato ci conduce presto alle dita di una mano, dove ci fermiamo per riprendere l’esplorazione del volto, risalendo sulle pieghe della tunica di colore chiaro sul petto fino allo scollo arrotondato con diadema. Il profilo è quello di un uomo calvo, con orecchio sinistro ben evidente, barba grigia, volto scavato che guarda rattristato i due discepoli vicini a lui. Oltre le bordature delle ampie maniche sugli avambracci ecco le mani, in visione laterale, l’una in coda all’altra, verso il centro a sottolineare l’evidenza di quanto appena udito. La sua mano destra incontra il dorso di quella di Giuda Taddeo (n. 2), circondata dal retino della tunica. La mano sinistra di quest’ultimo è invece più in basso, in visione laterale con il palmo rivolto in alto, appoggiata sul tavolo, vicino a un bicchiere. Da qui, tornando a destra, verso lo spigolo prospettico che delinea il lato corto del tavolo, osserviamo le forme arrotondate di un frutto, di un pane, di un piatto.
Ripreso verso l’alto il retino della veste arancione di Taddeo, giungiamo a conoscerne il volto di anziano, di tre quarti, con barba e lunghi capelli grigi, con occhi increduli rivolti a Simone.
Anche il successivo apostolo, Matteo (n. 3), in azzurro, si rivolge a Simone con cui dialoga animatamente. Il profilo sbarbato, i capelli corti e ricci; le mani sono protese in direzione opposta, verso il centro della scena, con il braccio destro più disteso tra l’ampia area retinata che connota la veste dell’apostolo che si trova più a sinistra: Filippo (n. 4).
Questi indossa un ampio manto di colore arancio da cui spunta una tunica azzurra.La sua giovane figura , china sulle spalle in avanti, tiene il capo reclinato alla sua destra, il volto imberbe è incorniciato da lunghi capelli, le mani sono raccolte sul petto. Seguendo la pausa verticale di piegatura del foglio che le separa, in prossimità del piano del tavolo, troviamo la mano sorpresa di Giacomo il Maggiore (n. 5). Da qui, seguendo la diagonale che spalanca le braccia, verso l’alto a sinistra, sulle vesti verdi raggiungiamo l’altra mano di giacomo, che conferma lo stupore della precedente. Tra di esse le pieghe a raggiera che individuano il diadema e, poco sopra l’incollatura, il volto adirato, con il mento barbuto abbassato, la bocca semiaperta e i lunghi capelli leonini.
A sinistra, incastonato nella retinatura della finestra di fondo, è il volto allungato di Tommaso (n. 6), capelli ricci e barba. Di fronte al suo profilo rincagnato la mano del dubbio con l’indice alzato alla ricerca di un perché.
Oltrepassata la figura centrale di Cristo, contrassegnata in alto con un piccolo cerchio, procediamo verso la parte superiore sinistra dell’immagine, dove la retinatura lineare della terza finestra sullo sfondo ci conduce a Giovanni (n. 7): il giovane volto è pallido e contornato da lunghi capelli biondi, chinato sulla mano che lo interroga appoggiata sulla sua spalla.
L’ampia retinatura delle vesti, di colore azzurro e rosa, ci conduce alle sue mani, unite in preghiera sul tavolo, a suggello del dialogo muto tra quelle di Gesù e di Giuda Iscariota (n. 9) che è preceduto da Pietro (n. 8).
Avremo modo di osservare meglio più avanti e in copertina la mano ad artiglio di quest’ultimo, pronta ad afferrare il boccone che segnerà il suo tradimento.
Prima di conoscerne il volto scopriamone il carattere possessivo nella mano che impugna la sacca dei trenta denari (retinata in obliquo) e il gomito destro maldestramente appoggiato sul tavolo che rovescia il salino.
Seguendo le linee divergenti del mantello affiancate sul petto arriviamo all’ampio scollo circolare della tunica e di qui la testa – capelli corti e mossi, barba sul volto rincagnato, unico in ombra, espressione sospesa e distaccata – rivolta a Gesù.

Tra il profilo di Giuda e il volto reclinato di Giovanni si affaccia Pietro al seguito della mano indagatrice descritta poc’anzi. Il profilo destro del suo volto è accigliato, i capelli radi e la barba bianca ne colgono l’età matura.Sulla schiena ricurva segnata dal retino della tunica azzurra, si evidenzia il gomito con la mano appoggiata sul fianco che impugna il coltello.
In basso, sul piano del tavolo, altri piatti di diverse dimensioni, affiancati da pani, due bicchieri…
Da questi risaliamo per trovare la figura di Andrea (n. 10), in visione frontale con le braccia alzate sul petto e i palmi delle mani rivolti verso di noi.
Come per alcuni dei personaggi precedenti ci serviamo del riferimento del diadema e dell’incollatura curvilinea della tunica giallo ocra per trovare la sua barba bianca, lo smarrimento dei sopraccigli sollevati, la sua calvizie. Il mantello verde è appoggiato sulle spalle.
Alla sinistra i lunghi capelli incorniciano il volto di tre quarti di Giacomo il Minore (n. 11), seduto, rivolto verso il centro, con retino sulla tunica arancione bordata di blu intorno al collo. Una mano appoggia sul braccio di Andrea, con l’altra punta alla schiena di Pietro per chiedere lumi.
E infine il profilo indignato di Bartolomeo, (n. 12),alla sinistra dei precedenti, teso in avanti con tutto il corpo dal lato estremo del tavolo, dopo essersi rialzato di scatto dalla sedia. Ha capelli bruni corti e ricci, e barba rada. Il mantello grigio azzurro in diagonale su una tunica verde annodata sulla spalla.
Le braccia tese con le mani puntellate sul tavolo, la destra in corrispondenza con lo spigolo.
Inferiormente alla tovaglia, annodata alle due estremità per un vezzo leonardesco, quattro cavalletti di legni appaiati sorreggono il tavolo, simmetricamente distanziati. Tra loro i piedi e le vesti corrispondenti degli Apostoli. Da rilevare la compostezza dei piedi del Cristo, che nella postura anticipano la crocifissione, al di sotto delle vesti a campana.
Degni di nota anche i piedi incrociati di Bartolomeo (n. 12).

A tal proposito si può citare una lettura del dipinto in chiave astrologica, che associa le figure degli apostoli ai segni dello Zodiaco: a partire da destra, Simone (n. 1) è assimilabile all’Ariete per il suo volto camuso; Giuda Taddeo (n. 2) è riconducibile al Toro per il suo collo taurino; Matteo (n. 3) corrisponde ai Gemelli, per la doppia direzione della postura; Filippo (n. 4), per la posizione delle mani come chele, è simile alla figura del granchio, simbolo del Cancro; Giacomo il Maggiore (n. 5) ha l’aspetto di un Leone; Tommaso ricorda le immagini della Vergine con il dito alzato degli antichi calendari medioevali; Giovanni (n. 7), come una Bilancia, si inclina lateralmente; Pietro (n. 8)impugna un coltello in una postura che rimanda all’aculeo dello Scorpione; Giuda (n. 9), come un Sagittario, è colui che colpisce la sua vittima; Andrea (n. 10) alza le mani come un Capricorno con le zampe alzate; Giacomo il Minore (n. 11),nella mano che richiama Pietro sembra nell’atto di versare, tipica dell’Acquario; infine Bartolomeo (n. 12) ha mani come pinne appoggiate sul tavolo e piedi, appunto incrociati, simili alla coda dei Pesci. Il Cristo al centro è il sole che splende sui mesi e sulle stagioni.

 

Pagina 6 – Legenda in braille

 

Pagine 7, 8 – Le posizioni degli Apostoli

In queste pagine i quattro gruppi composti da tre Apostoli ciascuno sono esaminati singolarmente in una scala ridotta rispetto all’immagine d’insieme. L’ordine della sequenza procede da destra a sinistra come nella precedente descrizione.
I disegni occupano la parte superiore delle pagine e in questo caso ricalcano i gruppi di figure dipinti da Francesco Gagna nella copia torinese del Cenacolo.
Gli schemi semplificati riportati in basso a cui rimandano le linee verticali di proiezione tratteggiate, aggiungono informazioni sulle posizioni di ciascuna figura sul piano orizzontale come in una visione dall’alto.
Per convenienza ciascun personaggio è qui riassunto da una testa ovalare con due punti che indicano la direzione dello sguardo e dalle propaggini lineari delle braccia che disegnano il gesto. Le mani sono rappresentate da tre lineette, talvolta unite alla linea del braccio, distalmente assimilabile ad un pollice, in modo da descriverne la posizione palmare o dorsale. Le direttrici tratteggiate in orizzontale indicano invece i rapporti di prossimità dei personaggi.

 

Pagine 9, 10 – Le mani degli Apostoli

Le ultime due pagine prendono in esame il linguaggio delle mani nella dinamica espressiva della narrazione, procedendo sempre da destra a sinistra, per ritrovare incolonnate le mani che rappresentano gli apostoli di ciascuna triade. Nei 12 riquadri sono riportate le mani sinistre degli apostoli posti a sinistra di Gesù e le mani destre di quelli alla sua destra (fatta eccezione per Giovanni e Filippo che le hanno unite o ravvicinate). Va precisato che in questo caso ci si riferisce alla destra e alla sinistra di Gesù dal punto di vista dell’osservatore.

L’analisi si alimenta delle teorie del prof. Renzo Mantero (1930 – 2012), famoso chirurgo della mano ed esperto d’arte. I risultati delle sue intuizioni sulle posizioni delle mani degli apostoli nel cenacolo vinciano, pubblicati in “Manovre” (Anno XVII/n. 1). possono riassumersi in tre tipologie:

  • azioni volontarie, con gesti consapevoli;
  • azioni involontarie, con reazioni automatiche alle parole;
  • azioni limbiche, con atteggiamenti di riposo (il lobo limbico del cervello è deputato proprio alla regolazione della postura durante il sonno e il riposo).

Sorprende dunque ritrovare i tre tipi di azioni declinate in ciascuno dei gruppi di apostoli.
Avremo pertanto le mani della fascia superiore coinvolte in azioni volontarie, quelle della fascia media in azioni involontarie e in basso le azioni considerate di tipo limbico. Alcune mani sono associate ai retini che le contestualizzano nei disegni d’insieme. Si possono leggere in braille le indicazioni delle tre sezioni alla sinistra dei riquadri che contengono i disegni delle singole mani; i numeri che identificano i rispettivi apostoli si trovano sempre a sinistra del riquadro in alto.

In questa catalogazione si noterà come alcuni atteggiamenti delle mani siano simili, ma si differenzino per le intenzioni che li generano.
Così, nella prima colonna a destra, dell’ultima pagina – seguiamo in pratica anche per queste la lettura da destra verso sinistra: così nella prima colonna si ha il gruppo dei primi tre apostoli (dall’alto verso il basso incontriamo i numeri 3, 1 e 2) –,la mano di Matteo, estesa in supinazione indica volontariamente il Cristo, mentre in un gesto analogo, ma involontario, Simone evidenzia incredulo quanto appena udito. Una specie di riposo attonito è invece l’appoggio dorsale sul tavolo della mano di Taddeo.
Procediamo verso sinistra leggendo dall’alto la seconda colonna che corrisponde al secondo gruppo di Apostoli ( qui sono in successione dall’alto i numeri 6, 5 e 4): volontaria è la richiesta di chiarezza da parte di Tommaso con il suo indice alzato, emblema dell’incredulità; la mano di Giacomo il Maggiore segue in modo involontario il braccio che si apre ad uno sconforto adirato; mentre quelle di Filippo cercano pace riunite sul petto.

Dopo pagina dietro torniamo a pagina 9 – la penultima del libretto – che ospita le due colonne del terzo gruppo (dall’alto Apostoli 8, 9 e 7) e del quarto (ancora dall’alto incontriamo i numeri 11, 10 e 12).
Nel terzo e nel quarto gruppo, mosse dall’urgente desiderio di sapere, le mani di Pietro e di Giacomo il Minore che toccano la spalla del vicino; seguono gli automatismi del palmo di Andrea che allontana la colpa e, affiancato sulla destra, l’”artiglio” di Giuda che asseconda inconsapevolmente la propria avidità; infine, nei riquadri della prima pagina in basso, a sinistra la mano di Bartolomeo ancorata allo spigolo del tavolo, a destra le mani unite di Giovanni in cerca di conforto in un limbico ritiro in preghiera.


 

COPERTINA (FRONTE E RETRO)

L’immagine tattile di copertina, come già anticipato, si estende su fronte e retro interrotta soltanto dal titolo sul dorso.
Potete anche in questo caso appoggiare il libro su un piano e aprirlo per esplorare insieme la prima, lo stretto dorso con il titolo del libro ripetuto in verticale che interrompe brevemente la continuità della copertina e il suo retro.

Sul fronte, al di sopra del titolo, il particolare più significativo del dipinto leonardesco, con le mani dei protagonisti nel dialogo sotteso dal ponte delle mani incrociate di Giovanni.
Sul tavolo due bicchieri, uno per lato, un pane e il piatto dove intingerlo.
Della mano di Gesù si coglie il gesto rapido nel palmo allargato e nell’ampia estensione del pollice, mentre la mano di Giuda a sinistra, nella stessa posizione, ma in visione dorsale, appare titubante.

Tra le due è in gioco la storia, annunciata più tardi dallo stesso Giovanni. Il presagio è nella luce che emana il suo mantello. I colori in scena dilatano il significato del gesto, come un accordo esalta la melodia, e descriverli può aiutare a comprenderne il ruolo:il rosso acceso della manica destra di Gesù e il verde scuro che ammanta il braccio sinistro di Giuda sono colori complementari…
L’ampia superficie retinata che dal centro porta in alto a sinistra ci conduce ora alle vesti di Giovanni;qui la demarcazione tra tunica e mantello non è dichiarata al tatto, ma nel colore della rosea triangolazione racconta l’odore della carne e del sacrificio (nulla è mai casuale in Leonardo).

Ed ecco in alto a sinistra, sulla spalla, la mano interrogativa di Pietro che indica impaziente la fonte di Verità, e poi… Pietro ci porta indietro, sul retro della copertina, a cavallo delle spalle di Giuda, scivolando sulla sua testa assente, ma visibile, per ritrovare l’impulsività retinata del suo gomito, il polso in appoggio sul fianco, la mano stretta sul manico di una lama minacciosa.
A chiusura del cerchio esplorativo di copertina verso destra un altro gomito ingombrante e una mano altrettanto serrata attorno alla propria avidità: i 30 denari non si vedono, ma sono dietro alla zigrinatura del retino. Più in basso i cerchi concentrici di una piccola saliera rovesciata…

E con l’auspicio che questo sale versato abbia dato sapore a questa “Cena con tatto”, affinché la visione interiore sia sempre foriera di luce, chiudo con il motto caro a Leonardo da Vinci: ”No si volta chi a stella è fiso”, che bene esprime la caparbietà e la determinazione di chi sa muoversi oltre le vane certezze, per osservare ed esplorare il mistero inesauribile che abita in noi.

 

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Titolo: IL CENACOLO DELLE EMOZIONI
A cura di:

Paolo Belgioioso

Testi di:

Paolo Belgioioso

Progetto grafico di:

Bianca Mihaela Fotea

Prezzo: 20 €
Anno: 2020
Editore:

Albertina Press

ISBN:

978-88-94843-40-8

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